MEDITERRANEA
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STORIA
LIBANO: IERI - OGGI
Il “confine” fra Israele e Libano è un
esempio della percezione del confine inteso come discrimine tra ordine e
disordine, tra “nomos e caos”. Il ritiro di Israele dal Libano aveva
rimosso il più ovvio dei motivi di tensione (l’occupazione israeliana
del Libano per due decenni) ma non aveva affrontato il problema alla
radice (il conflitto Israelo-Siriano). L’intento della Siria è stato
quello di mantenere la tensione al confine settentrionale di Israele per
garantirsi spazio di manovra in previsione dei futuri negoziati sulle
alture del Golan.
Haim Ramon all'interno del partito laburista israeliano nel 2002 disse:
"Siamo l'unico paese al mondo senza un confine netto fra noi e i nostri
nemici. È come vivere in una casa senza porta ne' serratura…”
Nel momento in cui il riconoscimento del principio di autodeterminazione
per il popolo palestinese accanto a Israele è stato affermato, si doveva
passare alla fase di demarcazione di un confine per analogia, quindi
anche i confini che Israele ha con Siria e Libano dovevano essere
ricondotti nell’alveo del diritto internazionale.
La frase ripetuta più volte: “ritiro dai territori occupati”, in
mancanza di una definizione precisa è stata pertanto un’affermazione
ambigua che può avere diversi significati, incluso lo sgombero totale di
tutto il territorio della Palestina com’era all’epoca della scadenza del
Mandato Britannico (e cioè in sostanza alla distruzione dello Stato
d’Israele), ma questo non è quello che vuole la Comunità Internazionale.
Se proviamo ad andare a ritroso nel tempo, possiamo forse fornire un
quadro di quanto accadde a livello storico. Grazie all’aiuto del tenente
colonnello Giovanni Ramunno, trevigiano, pilota dell’Esercito dal 1993,
attraverso varie notizie che siamo riusciti a reperire, cerchiamo di
capire cosa è successo in passato.
Ramunno, che ha comandato il gruppo di volo in Italia ed in Kosovo, è un
Ufficiale addetto stampa ed ha svolto lo specifico incarico nei
principali teatri operativi fra cui la ex Jugoslavia, l’Iraq ed il
Libano. Infine, ha operato per conto di organizzazioni internazionali ed
in particolare, con le Nazioni Unite in Libano, con la European
Community Monitor Mission in Serbia, Montenegro, Kosovo, Macedonia,
Croazia e Bosnia Erzegovina e con la Kosovo Diplomatic Observer Mission
in Kosovo.
L'occupazione britannica della Palestina, in seguito al collasso
dell'impero ottomano, si trasformò in un mandato, stabilito con la
conferenza di pace del 1920 e sancito dalla Lega delle Nazioni due anni
più tardi.
I limiti territoriali del mandato per la Palestina furono fissati da
diversi strumenti, in particolare, per quanto concerne quello
settentrionale una commissione Anglo-Francese fu incaricata di demarcare
il confine completamente con possibilità di deviazioni: in altri termini
la commissione incaricata della demarcazione poteva, motu proprio,
apportare delle variazioni del tracciato per risolvere problemi sorti in
situ e di variare il confine considerando l'omogeneità delle aree
economiche. I lavori durarono 2 anni e terminarono nel mese di marzo
1923. Il confine effettivamente demarcato con termini di “confine”
differiva in maniera significativa dall’accordo di Parigi a tutto
svantaggio dei Palestinesi. La commissione aveva deciso di includere
l’intero lago di Galilea a tutto vantaggio degli inglesi mentre lasciava
il Golan sotto mandato francese.
Nel novembre del 1946, la Siria, che aveva da poco ottenuto
l’indipendenza, invitò il governo britannico per discutere le questioni
di confine affermando che la firma francese “in nome della Siria” non
era valida, ma i britannici rifiutarono di discutere la questione.
Nel 1947, il Regno Unito rese nota la sua intenzione di procedere alla
completa evacuazione del territorio entro il 1° agosto 1948, data in
seguito anticipata al 15 maggio 1948.
Nell’intervallo, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 29 novembre
1947 aveva adottato la risoluzione 181 (II) sul futuro governo della
Palestina, risoluzione che “[r]accomanda al Regno Unito... così come a
tutti gli altri Membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite,
l’adozione e l’applicazione.... del piano di divisione” del territorio,
previsto nella risoluzione, fra due Stati indipendenti, uno arabo,
l’altro ebraico, così come l’instaurazione di un regime internazionale
particolare per la città di Gerusalemme. La popolazione araba della
Palestina e gli Stati arabi respinsero questo piano giudicandolo non
equilibrato.
Israele proclamò la propria indipendenza il 14 maggio 1948 in virtù
della risoluzione dell’Assemblea generale, scoppiò quindi un conflitto
armato fra Israele e vari Stati arabi ed il piano di divisione non venne
applicato.
Il 14 maggio 1948, poche ore dopo la proclamazione dello Stato di
Israele da parte del leader sionista David Ben-Gurion, un contingente
costituito da truppe egiziane, irachene, siriane, transgiordane e
libanesi invase la nuova nazione.
Con risoluzione 62 del 16 novembre 1948, il Consiglio di sicurezza
decise la conclusione di “un armistizio in tutti i settori della
Palestina” e invitò le parti direttamente coinvolte nel conflitto a
ricercare un accordo a tale fine. In conformità a tale decisione,
vennero concluse nel 1949 delle Convenzioni generali d’armistizio fra
Israele e gli Stati vicini grazie alla mediazione delle Nazioni Unite.
Grazie ad una serie di armistizi conclusi con l'Egitto, la Giordania, la
Siria ed il Libano, nel 1949, Israele stabilì confini simili a quelli
concessi alla Palestina nel corso del protettorato britannico. Vennero
fissati le linee di demarcazione dell’armistizio fra le forze israeliane
e le forze arabe (linea in seguito spesso chiamata “linea verde” per il
colore usato per tracciarla sulle cartine). La linea di demarcazione era
suscettibile di subire delle variazioni con l’accordo delle Parti. Poco
dopo, lo Stato di Israele entrò a far parte delle Nazioni Unite e venne
ufficialmente riconosciuto da oltre 50 paesi in tutto il mondo.
Verso la fine dell'Ottobre de 1956, istigato dai governi francese e
britannico nel corso della crisi provocata dall'occupazione egiziana del
Canale di Suez, Israele invase la penisola del Sinai allo scopo di
distruggere basi militari là collocate. Israele procedette
all'occupazione di Gaza e di Sharm el Sheikh, località dalla quale è
possibile controllare l'accesso al Golfo di Aqaba. Israele invase e
occupò anche la maggior parte della regione del Sinai posta ad Est del
canale. In base ad accordi precedentemente presi, Francia ed Inghilterra
intervennero a loro volta nel conflitto, in modo da costringere le
Nazioni Unite a dichiarare un cessate il fuoco. La crisi ebbe fine in
dicembre, quando le Nazioni Unite imposero un contingente di pace nella
regione del Sinai. Le truppe israeliane si ritirarono nel marzo del
1957.
Il 23 febbraio del 1966, ufficiali dell’esercito Alawite destituirono il
governo siriano. Lo stesso anno molti incidenti si verificarono lungo il
confine israelo-sirirano e nei primi mesi del 1967 i siriani convinsero
l’Egitto ed altri paesi arabi a dichiarare guerra a Israele. I primi
giorni del mese di aprile del 1967 i Sovietici aiutati dai siriani
fornirono agli egiziani falsi rapporti di presunte concentrazioni di
forze israeliane ai confini siriani. Questi rapporti furono decisamente
confutati dagli osservatori delle Nazioni Unite. Tuttavia, il presidente
egiziano Nasser, decise di entrare in azione.
La guerra terminò il 10 giugno sulla base di un cessate il fuoco
organizzato dalle Nazioni Unite. Il 22 novembre 1967, il Consiglio di
sicurezza adottò all’unanimità la risoluzione 242 che sottolineava
l’inammissibilità dell’acquisizione di territorio con la guerra e
rivolgeva un appello per il “ritiro delle forze armate israeliane dai
territori occupati nel recente conflitto”, e alla “cessazione di tutte
le manifestazioni di belligeranza e di tutti gli stati di belligeranza”.
La risoluzione approvata allora dall'Onu chiedeva il ritiro israeliano,
ma mentre la versione in inglese parlava di ritiro "da territori
occupati" (cioè da alcuni), quella in francese esigeva un ritiro "dai
territori occupati" (cioè da tutti). Un'ambiguità che ha segnato la
politica della regione nei decenni successivi. Secondo il diritto
internazionale consuetudinario rispecchiato nell’art. 42 del Regolamento
relativo alle leggi e agli usi della guerra terrestre annesso alla
quarta Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1907, “un territorio è
considerato occupato quando si trova di fatto posto sotto l’autorità
dell’esercito nemico, e l’occupazione si estende solo sui territori dove
tale autorità è stabilita e tale da poter essere esercitata”.
Gli avvenimenti successivamente accaduti in tali territori, non hanno
per nulla modificato tale situazione.
Un accordo per il distanziamento delle forze militari raggiunto il 31
maggio 1974 ordinò il ritiro degli israeliani fino alla Purple Line (la
linea di cessate il fuoco della guerra dei sei giorni del 1967) e la
creazione di una buffer zone. A presidiare il confine sirio/israeliano
nel giugno 1974 le Nazioni Unite hanno posizionato un contingente di
osservatori “United Nations Disengagement and Observer Force” (UNDOF).
Il 24 maggio del 2000, terminò l'occupazione militare israeliana della
regione meridionale del Libano, durata 22 anni. Le truppe israeliane
avevano cominciato a ritirarsi dalla zona di sicurezza di 15 chilometri
il 22 maggio, dopo che il primo ministro Ehud Barak aveva impartito un
ordine in tal senso, sei settimane prima del termine ultimo del 7 luglio
che gli israeliani si erano autonomamente fissati. Israele completò il
ritiro nel pieno rispetto delle risoluzioni n. 425 e 426 del Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite. Gli ispettori UN di UNIFIL ricognirono
il confine (la "Blue Line") e certificarono l’avvenuto ritiro.
Il ruolo della cartografia
Quando le mappe sono allegate a documenti come i trattati è necessaria
la loro verifica con il testo. Per questo motivo in molti trattati si
esplicita che in caso di controversia o di significato incerto sarà il
testo o la mappa che detterà legge. I due strumenti, mappe e testo, non
sono per loro natura perfettamente equivalenti.
Ad aggravare la già complicata situazione e ad incrinare ancora di più i
rapporti tra Libano, Israele e Siria si inserisce la disputa per le
Fattorie Shebaa. Israele considera le Fattorie parte delle Alture del
Golan, dove vi sono posizioni israeliane dal 1967. La Siria rivendica
l’autorità, il Libano le considera come parte del proprio territorio.
In tutto questo “botta e risposta” le Fattorie Shebaa diventano il
“capro espiatorio” della contesa, anche perché non c’è una mappa ben
precisa che ne stabilisce la proprietà, anche tutti e tre i contendenti
affermano di possedere la mappa della verità, fino ad oggi nessuno l’ha
mostrata. Nemmeno le Nazioni Unite, dopo aver esaminato una quantità
infinita di mappe, sono riuscite a trovare una soluzione e così la
controversia per l’autorità su questa zona si trascina negli anni.
Le mappe non sempre sono infatti un aiuto, a volte confondo ancora di
più non solo le idee ma anche le prese di posizione. Tanto che nel 2000
UNIFIL ha potuto prendere in considerazione la linea di ritiro delle
forze israeliane, appunto la Blue Line, non usando mappe ma la
risoluzione 425 come punto di partenza.
Gli israeliani ritornarono sulle posizioni militari tenute fino
all’operazione “Fiume Litani” del 1978.
Il 22 maggio del 2000, il segretario generale delle Nazioni Unite
gentilmente respinse le istanze libanesi di avere le Shebaa e raccomandò
che la linea che separava le aree di operazioni rispettivamente delle
missioni United Nations Interim Forces In Lebanon (UNFIL) e la UN
Disengagement Observer Force (UNDOF) sulle alture del Golan (da cui sono
escluse le fattorie Shebaa) fosse usata per certificare il rispetto da
parte israeliana della risoluzione 425. Tecnicamente la Blue Line è
materializzata dai termini di confine moderni, che sono di forma più
semplice del passato.
Dopo il ritiro delle forze israeliane ecco che si ripresenta il problema
“Fattorie Shebaa”.
Il Libano e gli Hezbollah contestarono infatti che non erano stati
restituiti da Israele un fazzoletto di 25 chilometri quadrati, cioè le
fattorie Shebaa, che secondo il “partito di Dio” sono 14, nei pressi
delle alture del Golan, al presunto confine fra Siria e Libano. E così
la sicurezza nel sud del Paese è stata sempre più fragile e la questione
della delimitazione delle frontiere ha rappresentato un’importanza
capitale per il governo del Libano.
“Le fattorie di Chebaa sono libanesi – è la frase che da anni ripete il
Primo Ministro Fuad Seniora - ci occuperemo di questa storia per
assicurare una liberazione delle fattorie dall’occupazione israeliana.
Tutto quello che faremo per liberare questa terra sarà nell’interesse
del Libano”.
Quando Seniora, dopo l’attentato del 14 febbraio del 2005 in cui fu
ucciso il premier libanese Rafik Hariri, ha ricevuto a Barcellona il
capo della delegazione siriana, il Ministro degli Affari Esteri Faruq Al
Shareh, per un incontro di ‘riconciliazione’ disse che: “Tutto quello
che faremo per liberare questa terra sarà nell’interesse del Libano e
della Siria”. Quella volta anche il Ministro degli Affari Esteri Fawzi
Sallukh ha definito l’incontro positivo, convinto che tra “la Siria e il
Libano tutto sarà risolto nella calma e nel minor tempo possibile”. Il
resto è storia delle ultime settimane.
Clara Salpietro
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