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SOUAD SBAI: E DONNE DEL MAGHREB IN ITALIA
Alfabetizzazione per svolgere una normale quotidianità

ROMA - Souad Sbai è presidente della Confederazione delle associazioni della comunità marocchina in Italia, e direttrice del mensile Al Maghrebiya.
È originaria del Marocco, è sposata con un italiano e da 25 anni vive in Italia.
Al Maghrebiya
ha una tiratura di 20mila copie ed è distribuito in tutta Italia. A stimolare la nascite del mensile è stata la necessità di un giornale in lingua araba che servisse a unire tutte le comunità arabe, a creare un dibattito.
E’ un giornale molto aperto, che si interessa di tutto, della politica italiana, di quella del Maghreb, del mondo arabo, in maniera moderata e tranquilla, senza schizofrenie e senza integralismi. In allegato al giornale è già uscito un manifesto contro la violenza (contro uomo, donna, bambino che sia) firmato dalla confederazione delle associazioni della comunità marocchina in Italia.
Tra i temi problemi più drammatici, Al Maghrebiya si è occupanto del Darfour, “del cui dramma – sostiene la direttrice - nessuno parla. Abbiamo fatto un appello per cercare di mandare degli aiuti tramite il sistema dei messaggini telefonici”.

Ultimamente però la direttrice Sbai si batte per un altro problema, molto serio, relativo alla presenza di centinaia di donne straniere che arrivano ogni anno in Italia e alle condizioni in cui vivono la loro quotidianità sul suolo italiano.
Quali sono a suo avviso i principali problemi delle donne che arrivano in Italia?
“Il problema è linguistico e ancora non è stato risolto, ma ormai nessuno ci fa caso e nessuno le aiuta a venire fuori da questo. Il problema più grosso è quello dell’analfabetismo. Se una donna arriva da sola ha più possibilità di trovare un lavoro, di vivere una vera quotidianità, di imparare la lingua e di fare amicizia con altre donne. Se una donna viene in Italia con il marito, o per un ricongiungimento familiare, non può svolgere una quotidianità normale. C’è una chiusura da parte del marito perché non ammette certe cose. Non ammette che la donna esce di casa, che parli con altra gente, che impari l’italiano o che possa studiare. Molte donne non conoscono nemmeno i numeri in arabo, quindi come possono imparare quelli in italiano. Sono passati dieci anni dalla prima ondata di donne arrivate in Italia e dopo tanto tempo queste donne non sanno una parola di lingua italiana”.
Quale aiuto si può dare a queste donne?
“Il Governo italiano può aiutarle tramite un progetto di alfabetizzazione. Se queste persone vogliono rinnovato il permesso di soggiorno devono imparare l’italiano. Il Governo dovrebbe dire che oltre al permesso di soggiorno dà anche la possibilità di studiare l’italiano. Questa è l’unica certezza, ma non solo in Italia che è l’unica nazione rimasta indietro in questo campo. Altre nazioni Europee già lo stanno facendo”.
Le donne italiane invece come possono aiutare le donne straniere?
“Stare vicino, molto vicino a queste donne, perché il velo non nasconde niente. Nasconde solo paura e timidezza. Non ha niente di estraneo. Invece avvicinatevi a queste donne, che hanno bisogno di aiuto. Quel velo non è altro che un richiamo di aiuto. Almeno è quello che percepisco io”.
Se il marito impedisce alla moglie di avere un’amicizia con una donna italiana?
“Questi casi devono essere denunciati, aiutiamoli ad uscire da questa situazione. Promuoviamo la costituzione di un gruppo di avvocati che aiutino queste donne a uscire da questo maltrattamento non giustificato. Siamo in Italia, c’è libertà e quindi non vedo perché non vanno aiutate”.
Come si trova Lei in Italia e come è stata l’accoglienza quando è arrivata qui?
“Considero l’Italia il mio paese”.
Quali temi vengono trattati nel mensile che Lei dirige?
“E’ l’unico mensile in lingua araba che c’è in Italia. È un giornale che aiuta le donne, almeno quelle alfabetizzate, a conoscere i loro diritti, che devono ribellarsi ai maltrattamenti e vivere una quotidianità serena come qualsiasi donna italiana o europea”.
Ha mai ricevuto minacce per il fatto che sul mensile tratta temi che riguardano i diritti delle donne?
“Mai, e poi siamo in Italia, qui c’è libertà. Siamo in Italia Le ricordo”. 

Clara Salpietro