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LIBANO: UN LABORATORIO DI CONVIVENZA
Attraverso le religioni una sobrietà di vita per esportare la democrazia senza le armi


BYBLOS (LIBANO) - Il Libano, porta del Medioriente, è il paese in cui Islam e Occidente coabitano, in un confronto che, in un modo o nell’altro, consacra il senso di appartenenza ad una stessa terra. La coabitazione però da tempo è sempre più conflittuale, perché come ci dice padre Joseph Mouannes, cristiano maronita, segretario della Commissione Episcopale per le comunicazioni sociali, nonché Responsabile del settore stampa e professore d’antropologia, “il Libano è il paese dove ci sono tutte le culture, ma attraverso i cristiani questo territorio deve costruire una sua libertà e una vita civile senza imporre la legge coranica”. Le religioni prevalenti sono quella musulmana (praticata dal 70% circa della popolazione, soprattutto nelle forme sciita e sunnita, ma anche drusa e ismailita) e il cristianesimo, professato da maroniti, greci ortodossi e cattolici, armeni cattolici e ortodossi, cattolici di rito latino e altre confessioni. I libanesi discendono da diversi gruppi etnici, soprattutto semiti; la complessa linea delle loro origini risale agli antichi fenici, ebrei, filistei, assiri e arabi. Il flusso migratorio più recente annovera una minoranza armena e una cospicua presenza di palestinesi, molti dei quali vivono confinati nei campi profughi. È tuttavia difficile stabilire la reale composizione etnica del paese a causa della guerra civile che ne ha modificato in maniera sostanziale la situazione demografica.
“Nella costituzione libanese – spiega il religioso – si parla di un Libano civile, democratico che rispetta le comunità religiose che sono 18. Questo è un paese speciale che può servire da modello, l’epurazione di persone che appartengono a certe categorie religiose è una follia. Non esiste un Dio che rifiuta uomini che appartengono ad una religione diversa. Questo esiste solo nella testa dei musulmani che hanno complessi mentali”. “Sono cattolico – aggiunge – è dico che la società ha il diritto di proteggersi contro quelli che toccano gli innocenti. Difendo le vittime e gli innocenti”.
Secondo padre Mouannes la libertà di espressione è importante per un popolo, si ha paura dei paesi che non hanno democrazia perché in quei territori vige la religione musulmana. “Bisogna accettare le differenze ma è necessario che vi sia il dialogo”, questa è la sua ricetta per l’avvenire del Libano. “Siamo pieni di speranza – dice – penso che noi vinceremo la battaglia della libertà, della democrazia. Questa è una notte piena di luce”.
Padre Mouannes Lei parla di dialogo tra le varie religioni. Sono stati organizzati incontri per avviare questo dialogo?
“Si, tanti incontri. Io partecipo a conferenze, interviste alla televisione, riunioni politiche, seminari. Insieme ai giovani cristiani e ai giovani musulmani ho vissuto una settimana, durante la quale abbiamo discusso, dibattuto. Il problema è che poi i giovani si trovano ad avere immagini sbagliate. Il dialogo esiste già e dobbiamo rinforzarlo. Quando c’era la guerra i giovani erano divisi, non si sono mai incontrati e non si sono mai capiti. Dopo l’assassinio di Hariri si sono incontrati e hanno parlato, per due mesi sono rimasti insieme. Dobbiamo rendere omaggio ai giovani libanesi per il livello di civiltà dimostrato durante le manifestazioni di piazza, non si è verificato nessun atto di vandalismo. C’erano un milione e mezzo di giovani a manifestare e questo è un segnale forte”.
Qual è la posizione della Chiesa in Libano?
“La Chiesa in Libano è un punto di riferimento, soprattutto per i giovani, perché la Chiesa non ha nessun interesse politico, non deve troncare quello che non va”.
Cosa pensa del fatto che l’ex premier Rafik Hariri faceva costruire una moschea accanto ad ogni chiesa?
“Siamo in Libano. Hanno detto che Hariri voleva islamizzare il Paese, ma io penso di no, era musulmano è vero ma dobbiamo rispettare la sua coscienza, non ha fatto nessun atto anticristiano. Se lui voleva islamizzare Beirut, perché i cristiani non costruiscono altre chiese. Questo può essere il nuovo progetto: costruire altre chiese. A Beirut c’è la più antica scuola di teologia, dobbiamo riprendere la costruzione delle scuole di teologia e delle chiese. E poi è meglio costruire moschee e chiese, che aprire night club o pub”.
Come vede il futuro del Libano?
“Il mondo sarà salvato con l’amore, non dobbiamo costruire la società civile con l’odio. Bisogna accettare la costruzione di una nuova società senza barbarie e con una faccia umana. Il punto d’incontro è il volto di Cristo, senza avviare nessuna problematica teologica. Su una bella immagine del Corano e di Cristo può esserci convergenza, questa convergenza rompe tutte le frontiere e chiama tutti a riscoprire questo tesoro”.

Clara Salpietro