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LE RIFLESSIONI DI GIANLEONARDO






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Cronache americane su tela

Nei primi anni del Novecento in America si edificava e dipingeva guardando all’Europa. Spazi pittorici costruiti per ospitare la borghesia, emulando i grandi ritrattisti del Settecento inglese quali Thomas Gainsborough, o immortalare le gesta degli eroi americani in una plasticità ispirata all’estro mitologico di una pittura francese alla David o alla Delacroix. Timidi tentativi di raffigurare una realtà più aderente a una America a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento si hanno con pittori come Carl Wimar, intenti a scoprire l’altra America, quella degli indiani, delle praterie e della grandi foreste, pur rimanendo legati ai virtuosismi della vecchia Europa. In questo contesto fatto di una tradizione ricostruita e di una realtà non interamente rappresentata nasce, nel 1882, Edward Hopper. Divenuto un trentenne illustratore newyorchese e occasionale pittore “estivo”, Hopper visita l’Europa tre volte, tra il 1906 e il 1910. Durante questi viaggi conosce Cézanne e si scontra con una realtà artistica vitale, luminosa; non più ferma alla maestria settecentesca, ma ricca della lezione impressionista, fauvista, simbolista e surrealista. Affascinato dai colori e dalla luce, decide di dedicarsi a tempo pieno alla pittura, realizza i suoi primi “appunti” di viaggio pittorici.
Dall’esperienza europea ritornerà in patria con una pittura lontana dalla “pazza” folla e ricca di attenzione per l’architettura, pronto per avviare il discorso di un “realismo americano”. Contemporaneo di Norman Rockwell e di Ben Shahn, Hopper si colloca tra loro, tra la tradizione illustrativa americana e un certo tipo di Espressionismo europeo, realizzando una pittura che trae ispirazione dalla quotidianità, paesaggi, oggetti e persone immerse nella luce, anche nell’ambientazioni notturna, atmosfere velate del surrealismo alla Magritte, irreali quanto un set cinematografico.
Tra il 1915 e il 1923 Hopper si dedica quasi esclusivamente all’acquaforte e alla puntasecca, un lavoro che gli permetterà di approfondire una visione architettonica nella costruzione dello spazio pittorico, sostituendo le macchie di colore con le grandi stesure cromatiche.
La modernità di Edward Hopper nel narrare le atmosfere urbane, i paesaggi costieri di Cape Cod, i granai del Massachusetts e gli immensi orizzonti del Sud, è nell’osservare la vita americana, tra gli anni Venti e i primi anni Sessanta, e raccontarla con apparente oggettività e freddezza. Da cronista cala i personaggi in un inquietante silenzio.
Con Hopper nasce il moderno mito americano del viaggio, con i suoi motel, i distributori di benzina, la ferrovia. La poetica dell’incomunicabilità e della solitudine rappresentata da Hopper offre dei personaggi colti in un attimo non ben definito del tempo e dell’azione, in un momento di riflessione o, forse, di ripensamento, fotogrammi di un’epoca malata di malinconia.
Un’America tragica e generosa alla Faulkner. I personaggi assorti nella lettura o nelle fantasie del “sogno americano” , mentre sullo sfondo, oltre il finestrino del treno o dell’albergo, scorre il paesaggio. Una pittura americana autonoma che darà impulso all’Action Panting di Jackosn Pollock, all’Iperrealismo e alla Pop Art, influenzando pittori come Eric Fischl.

Gianleonardo Latini
da Gambero Rosso
agosto 1992