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Oltre l'Occidente







foto di David Chierchini
 


EVENTI

 

MASTICANDO LE FOGLIE DI ALLAH
L'oro verde del Corno d'Africa

Sono da poco passate le nove di sera quando il minibus arriva ad Awoday e la strada, fino a quel momento deserta ad eccezione di qualche rara macchina, si trasforma improvvisamente in un caos di camion, pick up e carretti trainati da asini. Mi faccio largo su un tappeto di foglie verdi che ricopre l'asfalto, tra una folla di uomini che corrono in ogni direzione appesantiti da grossi fasci di frasche frondose. Ovunque, mucchi di rami vengono contrattati, comprati, venduti ed accatastati in attesa di essere caricati su decine di autocarri in fila lungo la strada. Awoday, poco più di un villaggio non lontano dall'antica città di Harar, nell'Etiopia orientale, è il più importante mercato del qat al mondo.
Rahdji ha una società di esportazione, lo incontro a notte inoltrata appoggiato alla sua macchina, quando le attività sono cessate da poco. È molto stanco ma deve tenersi sveglio per la riapertura del mercato all'alba, ha la bocca piena di qat e mi sorride soddisfatto mostrando i denti verdi. Ha appena fatto un affare: un carico di 60 tonnellate a 120 birr al chilo - circa 8 euro - e in questo momento i suoi camion sono in viaggio per Nabadeed, al di là del confine somalo, dove verrà rivenduto ai committenti ad un prezzo otto volte maggiore.
La ricchezza che questo tipo di business sta portando è visibile: accanto alle vecchie casupole di lamiera vengono tirati sù palazzi a tempo record, mentre suv nuovi di zecca sono parcheggiati davanti a banche aperte 24 ore su 24. Il qat è l'oro verde del Corno d'Africa.
Catha Edulis Forskal, comunemente indicato col nome arabo "qat", è un arbusto originario dell'Etiopia apprezzato per le virtù stimolanti ed euforizzanti date da una sostanza psicotropa simile all'anfetamina presente nelle sue foglie, il catinone. Da secoli largamente diffuso in Africa orientale e nello Yemen come supporto al lavoro fisico, il qat diminuisce l'appetito, aumenta la concentrazione ed ha un generale effetto energizzante, ma il suo consumo eccessivo può provocare una dipendenza psicologica moderata, paranoia, ipertensione ed insonnia.
Sebbene il catinone venga definito scientificamente come uno stimolante e non come una droga, è stato incluso dal 1988 nell'elenco delle sostanze stupefacenti emesso dalle Nazioni Unite, rendendo il qat illegale in gran parte dell'Europa, del medio oriente e negli Usa, ma la sua diffusione è rimasta comunque generalmente ristretta all'area di origine a causa dell'estrema labilità del principio attivo, che decade ad appena due giorni dalla raccolta della pianta e ne rende difficile la conservazione. La masticazione di queste foglie è un fenomeno molto comune nel Corno d'Africa, ma in Etiopia rappresenta anche un business enorme, in continua crescita da quando il prezzo del primo prodotto esportato dal paese, il caffè, è crollato in quattro anni del 70% sui mercati globali. Come nello schema ormai classico nei paesi in via di sviluppo, la caduta dei prezzi dei prodotti tropicali lascia ai contadini locali una sola alternativa, la coltura più redditizia delle piante narcotiche. Da allora infatti, le campagne della regione dell'Hararge, un tempo coltivate a caffè, frutta e cereali, sono state velocemente convertite in un'immensa piantagione di qat.
Muhajiddin, fino a due anni fa un coltivatore di caffè, ha un terreno di cinquemila metri quadrati a pochi chilometri da Harar ed ogni giorno ingrossa le fila di quella folla enorme che dalle campagne si reca ad Awoday. Mi spiega come per lui il qat abbia avuto una funzione salvifica: oltre ad essere una pianta che resiste più facilmente del caffè alle malattie e alla siccità, permette di fare fino a tre raccolti l'anno ed ottenere un guadagno triplo. Muhajiddin infatti, come chiunque altro lavori nel settore, riesce ad avere un tenore di vita ben più agiato rispetto al resto della popolazione.
Ma se da un lato il qat rappresenta una speranza per milioni di contadini, dall'altro la sua veloce diffusione sta causando non pochi problemi: si calcola infatti che circa un terzo dei redditi familiari dell'Etiopia orientale, della Somalia e di Gibuti, tra i più bassi del mondo, venga impiegato nell'acquisto delle foglie, con un grave aumento conseguente dell'assuefazione tra strati sempre più ampi della popolazione; senza contare che l'attività masticatoria, che inizia nel primo pomeriggio e termina in tarda serata, provoca quotidianamente una vera e propria paralisi dell'attività lavorativa, con gravi danni all'economia locale. Di fronte a questa situazione il governo etiope ha un atteggiamento ambiguo. Pur condannando il consumo del qat, il premier Meles Zenawi si rifiuta di porre un freno all'espansione delle nuove colture, denunciando piuttosto il sistema di fissazione dei prezzi del caffè effettuato dalle multinazionali che ha costretto milioni di contadini a convertire le proprie coltivazioni per sopravvivere. Inoltre la tassazione al chilo del qat, quarto prodotto principale d'esportazione - il 10% del totale circa - ha costituito, secondo le stime della Camera del Commercio, un guadagno di oltre 60 milioni di dollari solo l'anno scorso. Un'enorme fonte di introiti per le casse di uno degli stati più poveri del mondo.
Ma il fenomeno del qat va ben oltre quest'aspetto. Nell'accostarlo ad una congiunzione economica o nel definirlo semplicemente una droga non si spiegherebbe compiutamente l'estensione del suo consumo né tantomeno l'enorme spesa dei suoi consumatori per rifornirsene. Onnipresente nella molteplicità delle pratiche quotidiane locali ed elemento essenziale della vita sociale, il qat è una pianta culturale per eccellenza, da secoli parte integrante dell'identità dei popoli musulmani dell'Africa orientale, dove è conosciuto anche col nome di "foglia di Allah".
Secondo le tradizioni etiopica e somala, le proprietà della pianta furono rivelate per la prima volta da Dio a tre monaci musulmani perché potessero pregare senza fatica durante la notte. Questo mito, anche se non viene mai citato nel Corano, trova il proprio fondamento nelle antiche cerimonie notturne degli athorera, documentate storicamente sin dal XIV secolo e tuttora comuni nei santuari di Harar, durante le quali i fedeli intonano canti ed invocazioni fino all'alba ispirati dall'ebbrezza provocata delle foglie, il merkana.
Entrando oggi nelle mura secolari di questo luogo leggendario e semisconosciuto, quarta città santa dell'Islam, dalla cui area proviene circa il 60% del qat coltivato al mondo, si ha la percezione concreta di come una pianta possa essere alla base della coesione sociale degli individui di un'intera comunità. Vengo invitato dalla mia guida Amir ad una "sessione di qat", il bercha, in una casa tradizionale Harari: un'opportunità unica di assistere in prima persona ad uno spaccato della vita privata del luogo. Dawit, il padrone di casa, è un orefice ed ha invitato alcuni colleghi a passare il pomeriggio sui comodi cuscini del suo salotto. Bevono tè e scelgono le foglie migliori da grossi fasci di qat fresco appena comprato, masticandole lentamente al lato della bocca mentre parlano animatamente di affari in quella che appare una riunione di lavoro a tutti gli effetti. È così che normalmente la gente di Harar ogni giorno discute e prende decisioni, e il merkana è fondamentale nel creare quell'atmosfera di rilassatezza e familiarità indispensabile nella suggellazione di qualsiasi accordo importante. Persino nelle richieste di matrimonio l'approvazione o il rifiuto da parte del padre della futura sposa avviene durante un particolare bercha in cui vengono masticate le foglie inviate in dono dalla famiglia del pretendente. Difficile a questo punto ridurre il qat ad una semplice molecola di anfetamina: è una pianta che ha una presenza pervasiva nella società ed un ruolo centrale nella religione, nelle relazioni interpersonali, nell'arte, nella musica e nella poesia. Masticando le sue foglie si fanno affari, si prendono decisioni, si risolvono dispute, si organizzano matrimoni e si celebrano addirittura funerali. Legale ed illegale, pianta narcotica e culturale, il qat può aiutare un contadino a lavorare per un'intera giornata e far pregare un fedele tutta la notte, portare ricchezza e dilapidare risparmi, mettendo in discussione l'idea preconcetta di quali possano essere la funzione di una "droga" in una società e le conseguenze dell'assuefazione che provoca.

David Chierchini
(romacultura.it - dicembre 2008)