ex-@rt magazine 
oltre l'arte n. 1
gennaio - aprile 2001
Beni Culturali - Mostre
beni culturali bordline contemporanea



IL LIBERTY IN ITALIA

Dal 21 marzo al 17 giugno 2001

Roma
Chiostro del Bramante
Centro Culturale Internazionale
Arco della Pace, 5

Tel. 06.68809035 - Fax 06.68809036

Per informazioni: 06.68809098
Biglietteria: 06.68892943

Prenotazioni visite guidate,
laboratori didattici per le scuole: 06.68809098

Prezzo:
Intero L. 15.000
Ridotto L. 10.000
Scuole L. 8.000


www.chiostrodelbramante.it

Orario:
Tutti i giorni 10-19
sabato 10-24
Chiuso il lunedì.

Catalogo:
Motta Editore



PRELUDIO LIBERTY

Da decenni è in corso un grande movimento di revisione che ha per oggetto gli studi sul Liberty italiano (da noi conosciuto come "stile floreale"), collocabile cronologicamente fra il 1890 e la fine del primo conflitto mondiale. Movimento diffuso in tutta l'Europa, il Liberty è conosciuto sotto denominazioni diverse: come Art Nouveau, Jugendstil ecc.. Dalla prima mostra milanese (1972), che ebbe il merito di sdoganarne definitivamente gli esiti estetici, liberando il liberty nostrano da pregiudizi ideologici che l'avevano relegato nella soffitta dei ricordi gozzaniani, hanno fatto seguito una serie di manifestazioni, molte a livello regionale, tese a documentare e lumeggiare aspetti poco conosciuti o addirittura trascurati dalla critica. Su questo solco, all'insegna del ripescaggio, si muove la mostra romana organizzata nella splendida cornice del chiostro bramantesco di S.Maria della Pace. Il curatore, Fabio Benzi, si è posto l'obiettivo scientifico di documentare il ruolo innovativo dell'Italia nello sviluppo della corrente modernista internazionale: Lo studioso individua questo primato soprattutto nel campo della pittura e della scultura e solo in parte nel dispiegarsi delle arti decorative. Non vi è dubbio che artisti come Segantini, De Carolis, Bistolfi, ecc., siano riconoscibili, con largo anticipo sui tempi, per l'adesione ad un formalismo estetico tipicamente Art Nouveau: avvolgente sinuosità della linea, eleganza decorativa e il carattere metamorfico accompagnato da eccessi virtuosistici, ma di fatto l'unitarietà ideologica, sia nella prassi che nella teoria rimane debitrice al revival preraffaellita e alla cultura simbolista, misticheggiante e letteraria. Di certo è possibile affermare che il Liberty come l'Art Decò degli "anni ruggenti", hanno influenzato la società europea; a tutti i livelli e in tutti i settori dell'espressione artistica, divenendo vero e proprio movimento di massa: dalla grande arte alla divulgazione più deteriore di certa produzione industriale di mobili e bibelots, popolare e populista. Nel Liberty confluiscono diverse influenze fra loro intimamente connesse: le teorie utopistiche delle Arts & Crafts anglosassoni, il recupero neogotico ottocentesco, la riscoperta dell'arte orientale e soprattutto lo studio della natura intese quale fonte primaria di ispirazione. In Italia i nuovi fermenti del rinnovamento vedono protagonisti alcuni artisti e dei critici non conformisti, i quali devono confrontarsi con una pervicace tradizione storicistica, di stampo antiquario, diffidente nei confronti delle novità provenienti dal resto d'Europa e conosciute in sede di esposizioni internazionali. Questo clima di confronto è palese più che mai nel campo della progettazione architettonica, dove prevale quasi sempre, almeno nel settore dell'edilizia pubblica, un gusto eclettico che mal si fonde con le superficiali concessioni alla prassi modernista, meno evidente nel settore delle arti decorative, nel quale comunque gli artisti (vedi Galileo Chini), devono necessariamente mediare, seppur ad alto livello e con notevoli risultati artistici, fra la tradizione revivalistica neorinascimentale e i nuovi valori secessionisti delle avanguardie europee. Un modo di operare che risente inevitabilmente degli umori del pubblico, costituito dall'aristocrazia nobiliare e dall'emergente borghesia cittadina, anch'essa oscillante fra la febbrile adesione al "nuovo mondo", rutilante di forme e colori, popolato da creature fiabesche, donnine languide ed ammiccanti, avviluppate in virgulti arabescati e il ritorno severo all'ordine storico, ad una mitografia monumentale e roboante. Tuttavia, nel design legato all'ebanisteria - peraltro abbondantemente documentato in questa sede - l'Italia , per mezzo di alcuni artisti come Duilio Cambellotti e soprattutto Carlo Bugatti, riesce a toccare vette di notevole qualità e di indubbia originalità I mobili "orientalisti" ideati e progettati da Bugatti esercitano un fascino indiscreto, assemblati con materiali preziosi ed eterogenei, assumono l'aspetto di vere e proprie sculture, adatte ad arredare spazi immaginari, feticci ad uso e consumo di una società aristocratica proclive a cullare il sogno perenne di fuga tra esotismi ed estetismi dannunziani. Di grande interesse è pure la sezione dedicata alla grafica pubblicitaria e alla produzione coeva di vetri d'arte prodotti dalla manifatture veneziane e muranesi. Una rassegna ricca, articolata nei diversi settori fra loro intercomunicanti, ben lungi dall'essere scientificamente esaustiva (ma forse questo non era l'obiettivo primario degli organizzatori). A nostro avviso si è forse indugiato troppo nel riproporre materiale espositivo ampiamente conosciuto, pubblicato, presente con inesorabile puntualità in diverse manifestazioni di analogo genere. Viceversa, specialmente nel settore della decorazione, si è sentita l'assenza di alcune importanti produzioni, anche a livello regionale che fortemente hanno inciso nel breve volgere del secolo.

Roberto Cristini