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Beni Culturali - Libri d'Arte
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LA STORIA E IL RESTAURO DEL COMPLESSO CONVENTUALE DI SS. BONIFACIO E ALESSIO

Aa.Vv.

Elio De Rosa Editore

Tel. 06/39723543
 

RICONOSCIUTA UNA NOTA CHIESA

L’Aventino è uno dei sette colli di Roma e si erge quasi a strapiombo sul Tevere; in epoca regia e repubblicana fu abitato da plebei e stranieri ed era al di fuori del pomerio sacro, in età imperiale vi fu incluso e divenne un quartiere aristocratico popolato di ricche dimore di famiglie senatorie. Fu quindi obbiettivo primario dei saccheggi del 410 e del 455 d.C. e fu praticamente abbandonato; nel tardo Medio Evo vi si istallarono alcuni conventi ed una rocca fortificata della famiglia Savelli, sino alla fine del XIX secolo fu un angolo agreste e romantico della città con ruderi, vigne e silenziosi conventi. Poi l’urbanizzazione della prima metà del novecento ha molto cambiato il colle che comunque mantiene un aspetto dignitoso, ricco di verde e abbastanza tranquillo. Alcuni importanti edifici si susseguono lungo il crinale che sovrasta il fiume, si inizia con il recinto della scomparsa rocca Savelli che ora cinge il delizioso “giardino degli aranci” segue l’importante basilica paleo-cristiana di S.Sabina con il convento domenicano, e poi la chiesa dei SS. Bonifacio e Alessio, con annesso convento, il complesso dei Cavalieri di Malta con la chiesa del Priorato dovuta al Piranesi, come la piazza antistante, ed infine il Collegio Benedettino di S.Anselmo dei primi del ‘900.
Gli edifici sono splendidi, ricchi di bellezze artistiche, carichi di storia ma anche di anni e di acciacchi e la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Artistici di Roma è continuamente alle prese con gravosi impegni. In particolare il complesso conventuale dei SS. Bonifacio e Alessio è stato oggetto di un lavoro articolato durato oltre quindici anni che ne ha permesso il restauro di gran parte, il rimanente dovrebbe esserlo a breve. Già nel IV secolo d.C. un edificio di culto, dedicato a S. Bonifacio, si istallò forse su abitazioni private, nell’VIII secolo viene citato nel Liber Pontificalis come diaconia istituita da Papa Leone III e intorno all’anno fu affidato a monaci Basiliani; in quest’epoca compare la dedicazione a S.Alessio, un giovane che abbandonò la ricca famiglia per farsi eremita, tornò dopo molti anni e visse in incognito da mendicante in un sottoscala della casa paterna venendo riconosciuto solo dopo una santa morte.
Nel 1216 a cura di Papa Orario III Savelli è documentata una completa ricostruzione della chiesa che nel ‘500 fu affidata ai monaci Girolamini, ordine ora non più esistente, nel 1750 per intervento del Cardinal Quercini furono effettuati lavori che occultarono quasi completamente i resti antichi e dettero all’edificio un lezioso aspetto settecentesco; a metà ‘800 subentrarono i Somaschi che la officiano tuttora mentre il convento fu confiscato dalla Stato Italiano ed adibito a vari usi.
Nel 1925 una buona parte fu assegnata all’Istituto Nazionale Studi Romani che vi ha la propria sede. L’interno è settecentesco con alcuni manufatti di epoche diverse quali alcuni monumenti sepolcrali, dipinti e lastre tombali terragne; nell’abside due colonne dell’epoca di Onorio III, in una cappella del transetto è ospitata una Madonna duecentesca, nella cripta, sotto l’altar maggiore, resti di affreschi del XII/XIII secolo.
Un’ala del convento ospita un elegante appartamento di primo ottocento fatto decorare da Carlo IV, re di Spagna scacciato da Napoleone e venuto esule a Roma.
La storia del complesso e del suo restauro sono l’oggetto di un bel volume d’arte pubblicato da Elio De Rosa e contenente numerosi saggi a cura di vari studiosi: Paolo Barbato, Franco Astolfi, Maria Richiello, Sabina Carbonara ed altri, che hanno esaminato il complesso ognuno secondo il punto di vista della sua specializzazione.
Dopo una introduzione del Soprintendente Di Paola si parte dalla topografia della zona in epoca romana per giungere alle varie vicende di costruzione e ricostruzioni del complesso, studiando le varie opere d’arte e identificando i pochi elementi antichi rinvenuti.
Nella seconda parte dell’opera vengono descritti i vari interventi di restauro, dalle coperture (1986/87) al chiostro (1991/94), dal campanile (1999) alla facciata e alla cripta (2000) e vengono presentati gli interessanti risultati di studi effettuati in corso d’opera che hanno permesso l’acquisizione di nuove conoscenze quali la datazione più precisa degli affreschi in cripta e la possibile identificazione del pittore che dipinse la biblioteca del convento.
Un volume accurato ed elegante che illustra una chiesa notissima per i tanti matrimoni celebrati ma nello stesso tempo ignota ai più.

Roberto Filippi