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oltre l'arte n. 0
settembre - dicembre 2000
Sommario - Cinema
bordline contemporanea beni culturali










ROBERT RYAN, EROE PERDENTE

Per cinefili arrabbiati (gente che probabilmente non dorme mai, come me!) la nostra tivù talvolta impacchetta chicche e "bonbon" da non poter mancare, anche tramortiti dal sonno (ah! Benedetto videoregistratore!). Così chi ha visto notti fa’ "Stasera ho vinto anch'io" (The Set-Up, 1949)? Storia tutta girata in interni calibratissimi, degni di un quadro di Hopper, nel tempo tragicamente reale di un prologo, l'azione di un match pugilistico ed un epilogo amaro. Eroe, anzi antieroe della comune e squallida storia un Robert Ryan ineguagliabile, attore troppo dimenticato, relegato superficialmente nel solaio delle tante, vecchie facce "cattive" degli anni ’50. Tanto dimenticato che ritrovare qualche sua rarissima foto tra l’alluvione delle ripetutissime "icone" (Marilyn, Bogart, Dean) è stata l’impervia ricerca di un lungo pellegrinaggio nei "santuari" cinematografici della città. La faccia di Ryan, bella, forte e segnata di una virilità amara e beffarda, col suo cinico sorriso a fìor di labbra, è un umanissimo toccasana tra tanti stucchevoli ermafroditi che purtroppo non spariscono coi loro Titanic e tanti muscolosissimi eroi di stoppa fasulla. Ryan appartiene a quella schiera di eroi perdenti, coraggiosi e leali che giganteggiano nella nicchia dei nostri ricordi in bianco e nero: Bogart, Mitchum, Cagney ecc., meno fortunato di questi, caratterista con doti da protagonista, ma sempre messo in secondo piano dai vari James Stewart (Lo sperone nudo, 1953) o Spencer Tracy (Giorno maledetto, 1955), rimane l'alfiere di quei co-protagonisti trascurati dal tempo. A segnarlo fu l’impareggiabile soldato antisemita di "Odio implacabile" (1947), costringendo le produzioni a relegarlo nei ruoli di "duro" o di perfido cattivo (Billy Budd, 1962), cattivo comunque sobrio e con un filo di amarezza che dava uno spessore di virile umanità. Ex-puglile, ex-attore scespiriano, Ryan ci ha trasmesso con la sua figura dolente, i sui sguardi taglienti, le sue. pause, storie di uomini taciturni, chiusi nella loro fatalità fatta di violenze e di pene irrimediabili. Non ultima, ma estrema apparizione significativa, dopo generici film d’azione negli anni ’60, la sua figura di vecchio sceriffo nel "Mucchio selvaggio" (The Wild Bunch, 1969) di Sam Pekimpah, che è tutto un cantico sciolto alla virile amicizia, alla sconsola fatalità.

Luigi M. Bruno
da ORIZZONTI
Rubrica: La Cineteca Dimenticata