ex-@rt magazine 
oltre l'arte n. 2
maggio - agosto 2001

Beni Culturali - Mostre
beni culturali bordline contemporanea


Senza Titolo, 2000
olio su tela, cm. 50x70



Senza Titolo, 2000
olio su tela, cm. 50x70

KJETIL HAALAND: I silenzi di un norvegese

Aldilà (o aldisotto) delle mostre " importanti ", degli incontri culturalmente consacrati da stampa e pubblicità, delle retrospettive e degli eventi resi "decisivi" dal tam-tam dei grandi megafoni esiste, lo sappiamo, un estesissimo sottobosco, una immensa regione dove germogliano e deperiscono innumerevoli esposizioni d’arte (o presunta tale): regione semisconosciuta e variegatissima che va dall’intraprendente dilettante al geniale emarginato, dalla saletta dopolavoristica al cortile di parrocchia, alla galleria mercenaria, alle forsennate collettive, dall’anziano artista dimenticato al giovane esordiente in lotta con le onde alte di un brulichìo di "artisti" autoconsacratisi con coppe e diplomi domenicali. Questa impervia e oscura regione nella quale addentrarsi è un rischio ho deciso da qui in poi che sia il mio terreno di caccia, evitando le trombe e i timpani dei grandi convegni con la guida rossa dei critici-violini di prima fila. Così mi inoltrerò con il coltello tra i denti, tra paludi e serpenti, tigri e scorpioni, in cerca del frutto nascosto, della terra fertile di chi ha da raccontare qualcosa. La premessa è lunga, ma era d’obbligo esibire la mia patente di critico non ufficiale, non accreditato, estraneo a qualsiasi "recinto", dilettante nel senso migliore della parola quando "professionista" significa solo colletto bianco e faccia di bronzo. Ed eccomi per voi, come un cane da tartufi, sciolto dal guinzaglio e lontano da serre accoglienti, porgervi subito il frutto del mio libero annusare: si chiama Kjetil Haaland, norvegese (classe 1963), lo trovo esposto a via Margutta (galleria "il Saggiatore"); non parla italiano, io ignoro l’inglese, meglio così, meno parlano gli artisti di sé e più parlano i loro quadri. E di che parlano le tele del giovane Haaland? Particolari, frammenti di porte, finestre, staccionate, muri, visti attraverso la lente attenta e riflessiva alla ricerca della materia, della superficie, che va ben oltre l’obiettività del dettaglio per immergersi nella poetica, meditata e silenziosa, dell’assoluto intravisto nella povertà del quotidiano, povertà e banalità che non è mai povera e banale agli occhi di chi amorosamente si profonda nelle pieghe della sconosciuta realtà, per ascoltare sottovoce il racconto che graffiti, crepe, fessure, tracce d’intonaco fanno di un mondo trascurato ma che è "mappa" dimessa di un passaggio umano, un enigma, le cifre di un’assenza trascorsa nei meandri del tempo che tutto accoglie e trasfigura. L’apparente casualità diventa allora esplicita e fondamentale testimonianza. Così pazientemente Haaland dialoga in silenzio con questi squarci deserti, per dirci quale mondo può aprirsi a chi sa vedere e ascoltare i preziosi bisbigli, le tracce minute per inseguire il Mistero. L’astrazione di questo dialogo rarefatto diventa astratto pittorico, naturalmente si apparta dall’estroversione realistica, piuttosto cercando e cercandosi nella realtà più dilatata di una struttura temporale illimitata, senza pur perdersi mai nella frigida concettosità filosofica, ma tenendo sempre ben stretto il filo che lo conduce all’intimo delle cose e dei fatti.

Luigi M. Bruno
da ORIZZONTI