CONTEMPORANEA
Arte e Artisti a Roma

Sezione Arte: SCULTURA

DANIELA PASSI

Breve Nota Biografica

Dopo gli studi classici, si è laureata in topografia antica. Lavora presso l’Università degli Studi Roma Tre.

Leggerezza, sensibilità e ricerca della bellezza oltre il conformismo, fino a coglierla anche negli oggetti buttati via, dimenticati, perduti.

Materiali eterogenei rivivono in composizioni, posizionandosi in un contesto immaginifico, rappresentando ciò che non si dice – o che a volte non si riesce a dire - con le parole.
Tutto ciò che è stato torna a vivere attraverso un gioco di forme, volumi e colori, raccontando sì del tempo trascorso, ma con un’anima leggera.

 

Mostre:

- 2025 Roma, Villa Altieri, "Abitare non solo casa" (collettiva fotografica)
- 2024 Roma, Fondazione MAGIS, Acqua
- 2024 Roma, Casal del Marmo I.C. Plablo Neruda,“Bandiere della Pace”
- 2024 Roma, Liceo “Ettore Majorana, 28° Edizione d’Arte Contemporanea, “…a divinar plutone in aquario …”
- 2024 Roma, Storie Contemporanee, Installazione collettiva “Anima / Animus” …le Nozze di Éros e Psyché…
- 2024 Roma, Assessorato all'Agricoltura, Ambiente, Le Donne nella storia e la storia delle Donne
- 2024 Roma, Storie Contemporanee, Installazione collettiva “…a divinar plutone in aquario…”
- 2023 Roma, Storie Contemporanee, Installazione collettiva, MAIL ART “…con gli Auguri di Storie Contemporanee…”
- 2023 Riofreddo (Rm), , Museo delle Culture, Twentyfive
- 2023 Roma , Fondazione Magis, MEDI-TERRA-NEO
 

Alcune sue opere sono presenti nella collezione Arte Solidale della Fondazione Magis

 

Cliccate sulle miniature per ingrandire le immagini.

 

 


 Breve Nota Critica

LE PLANIMETRIE ESSENZIALI

Di Daniela Passi conosco la sua passione di archeologa (laureata in topografia antica) nel ricercare e ricostruire la dimensione di una idealità spaziale remota dalle aggregazioni e sovrapposizioni accumulatesi nel tempo che tutto deforma e cancella.
La ricerca delle giuste connessioni nelle perdute monumentalità che riportano a una smarrita quotidianità, si ritrovano in piccolo nella dimensione ridotta di "topos" riacquistato ex-novo a dignità di luogo concettuale ed estetico.
Nell'ambito di una planimetria essenziale, su fondali di un campo predeterminato, si dispongono gli elementi che dal recupero di un vissuto comune assumono valore e senso di caratterizzazione del tutto nuova. Nel racconto apparentemente criptico gli oggetti recuperati diventano protagonisti di un assioma fondamentale, protagonisti essenziali di un teorema filosofico che si risolve e si giustifica nello scandire serrato di una categorica "dimostrazione" geometrica, o nell'espandersi e fluttuare di un microcosmo in espansione.
Tutto riconduce alla ragione di un sentimento, che non è contraddizione in termini, ma significa seguire e ripercorrere il materializzarsi di una emozione altrimenti indefinibile "costretta" ad enunciarsi, seppur per enigmi che riecheggiano la sicura cadenza di affascinanti geroglifici.
Nella composizione del suo " Ponte" l'artista getta lo slancio di una ipotesi verso uno spazio, una direzionalità, forse pura utopia, ma necessario progetto di un transito evolutivo.

Luigi M. Bruno
 

Daniela Passi: Le piccole cose che rivivono 

C'è un'affinità sottile, eppure eloquente, tra l’universo poetico di Guido Gozzano e la ricerca visiva di Daniela Passi: entrambi si muovono tra le pieghe della realtà quotidiana, elevando le piccole cose a oggetti di contemplazione estetica e affettiva. Come Gozzano, che rinuncia ai miti eroici e altisonanti della poesia dannunziana per dedicarsi a un’elegia intima delle emozioni domestiche, anche Passi coltiva una poetica dell’umile, del frammento, del trascurato. Le sue opere sono veri e propri inventari dell’essenziale, eco visiva di quella “lista di cose preferite” che Richard Rodgers ha reso immortale nella canzone My Favorite Things, poi riplasmata dal sax profondo di John Coltrane in un inno spirituale alla resilienza.

Nel lavoro artistico di Daniela Passi convivono la delicatezza dell’archeologa e la visione dell’artista concettuale, in un continuo dialogo tra passato e presente, tra materia e idea. Dopo un percorso formativo classico, Passi ha scelto di abitare un territorio creativo dove la bellezza si nasconde spesso tra ciò che è dimenticato, abbandonato, scartato. Ogni sua composizione è un atto di recupero e trasformazione. Gli oggetti che utilizza – frammenti, materiali eterogenei, relitti di un vissuto comune – tornano a vivere in una nuova narrazione, poetica e stratificata, capace di restituire senso a ciò che sembrava perduto.

Alcune volte l’utilizzo di una cornice realizzata come continuum dell’opera può apparire lezioso, ma è la bellezza che può racchiudere un centrino ricamato, un centro tavola da dove si irradia la narrazione visiva per andare oltre il guardare. In questo senso, la cornice non delimita semplicemente uno spazio, ma lo amplifica, lo prolunga, lo trasforma in soglia, in passaggio simbolico tra l’opera e lo spettatore. È il punto da cui si origina lo sguardo e al tempo stesso il luogo dove esso si raccoglie, come una fioritura spontanea attorno all’essenziale.

Oggetti recuperati per dare dignità e nuova vita in opere concettuali, vicine all’arte povera, ma anche riconducibili a una personale reinterpretazione del ready-made. Tuttavia, rispetto a quanto teorizzato da Marcel Duchamp o praticato da Jeff Koons, nel lavoro di Passi non è il singolo oggetto a essere investito di nuova funzione simbolica, bensì l’insieme – l’assemblaggio – di più frammenti che, dialogando tra loro, offrono una visione inedita del reale. Il suo assemblare diventa così un formulare un collage tridimensionale, dove le forme si incastrano, dando vita a volumi che giocano con la luce e le ombre.

La leggerezza, cifra essenziale del suo linguaggio visivo, non è superficialità, ma tensione verso un equilibrio fragile e raffinato, dove volumi, forme e colori creano un microcosmo vivo, che respira. I suoi assemblaggi, sculture e collage agiscono come piccoli topoi ritrovati, mappe interiori e planimetrie concettuali che restituiscono dignità estetica e simbolica al quotidiano. Ogni opera è un campo visivo predefinito, dove l’ordine apparente cela messaggi profondi e una riflessione continua sul rapporto tra spazio, memoria e identità.

La capacità manuale di Daniela Passi non si limita al recupero degli oggetti da comporre su supporti grezzi o pittoricamente trattati, ma si esprime anche nel collage vero e proprio: un lavoro fatto di sagome, silhouette e frammenti colorati in cui si inseriscono frasi tratte da poeti e scrittori, generando una tessitura visiva e testuale dal forte impatto emotivo.

In questa narrazione visiva fatta di oggetti e silenzi, le sue “cose preferite” non sono mai futili: sono tracce, ricordi, indizi di un’esistenza vissuta, cariche di quella stessa malinconia tenera che permea i versi gozzaniani e le note della melodia di Rodgers. Anche le cose minime, trascurate, possono farsi portatrici di senso e bellezza, purché si abbia lo sguardo per coglierle e la sensibilità per ascoltarne la voce sommessa.

I messaggi lanciati da Passi – talvolta criptici, altre volte dirompenti – affondano le loro radici nel lavoro di Jenny Holzer, nelle sue frasi luminose che interrogano lo spettatore e lo coinvolgono in una riflessione politica e sociale. I temi del femminismo, della guerra, della sofferenza collettiva emergono non attraverso una denuncia esplicita, ma mediante un linguaggio visivo capace di sovvertire la percezione abituale degli spazi e degli oggetti. Le sue opere, spesso presentate in contesti non convenzionali, assumono la forma di arte pubblica, con l’intento preciso di scuotere le coscienze e stimolare uno sguardo nuovo sul mondo.

Daniela Passi lavora come un’archeologa dell’invisibile: scava nella materia e nella memoria, cerca le connessioni giuste tra gli elementi dispersi del nostro tempo per restituirli a una nuova dimensione – concettuale, emotiva, estetica. Le sue composizioni sono ponti: ipotesi di transito verso uno spazio altro, forse utopico, ma necessario. Un ponte che attraversa la distanza tra ciò che è stato e ciò che può ancora essere, tra il silenzio e la parola, tra l’oblio e la possibilità di una nuova narrazione.

In questa capacità di dare voce all’infinitamente piccolo, Daniela Passi ci invita, come Gozzano e come Coltrane, a fermarci un istante e riascoltare il suono sommesso delle nostre cose preferite.

Gianleonardo Latini

 

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